L’Engelberta (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744 (Engelberta)

 ATTO SECONDO
 
 Cortile interno di palazzo suburbano.
 
 SCENA PRIMA
 
 ENGELBERTA, OTTONE e poi ERNESTO
 
 ENGELBERTA
325Vanne al diletto sposo;
 dirai che a’ passi miei diè l’ali amore.
 OTTONE
 Servo al cenno real.
 ERNESTO
                                      (Propizi ho gli astri).
 Augusta eccelsa, umile...
 ENGELBERTA
 Da me che chiede Ernesto?
 ERNESTO
330Ah! Tua bontà sia fausta a’ voti miei.
 ENGELBERTA
 Parla, ma tosto, e pensa
 ch’Engelberta son io, ch’Ernesto sei.
 ERNESTO
 Se amor...
 ENGELBERTA
                      Mal cominciasti. Io mi credea
 che, se non la mia gloria, il braccio almeno
335di un cesare vicin frenar dovesse
 le brame contumaci.
 ERNESTO
                                        Ed egli appunto
 le frena e le spaventa.
 ENGELBERTA
 Chi teme ancora è reo.
 ERNESTO
                                            Ma reo pentito.
 ENGELBERTA
 Pentimento in Ernesto?
 ERNESTO
                                              A’ casti numi,
340del tuo letto custodi, e a te lo giuro.
 ENGELBERTA
 Sai quanto osasti?
 ERNESTO
                                    Il so. Detesta l’alma
 e l’offesa e l’ardir; quest’è il mio affanno
 e quella il mio timor.
 ENGELBERTA
                                         Vo’ che tu tema
 più del castigo il fallo. Esser dee tale,
345in chi ben si ravvede, il pentimento.
 ERNESTO
 (Se ingannata mi crede, io son contento).
 ENGELBERTA
 Che rispondi?
 ERNESTO
                             Mi cruccia
 più la bontà del mio signor che l’ira;
 ch’egli in me trovi un reo, un ingrato, ah questo,
350questo è il mio duol.
 ENGELBERTA
                                        (M’intenerisce). Ernesto,
 qui mi scordo il tuo error. Per me non fia
 tuo giudice il mio sposo. Usa di questa
 generosa pietà, s’ella ti è cara;
 e dalla mia virtù virtude impara.
 
355   Al mio sposo io tacerò
 un amor che l’ha oltraggiato.
 
    Ei non abbia il gran dolore
 di trovarti così ingrato;
 e si tolga a te l’orrore
360di morir sì scellerato.
 
 ERNESTO
 (Deludasi l’incauta). Ah! Col mio errore
 pera l’iniquo foglio
 che ne fu lo strumento. Agli occhi miei,
 perch’io più mi confonda, egli si renda.
 ENGELBERTA
365No. Resti a me, non testimon del fallo
 ma pegno del rimorso e dell’emenda;
 quello e questa giurasti.
 ERNESTO
 (Giunge il sovran, l’arte or mi giovi). Al cielo (Alzando più del solito la voce)
 ne rinnovo la fé. Mai non fia vero
370ch’arda d’impura fiamma il cor di Ernesto.
 
 SCENA II
 
 LODOVICO, ENGELBERTA ed ERNESTO
 
 LODOVICO
 (Che sento?)
 ENGELBERTA
                           Il voto è giusto.
 ERNESTO
 Un suddito dover così rispetta
 di Engelberta nel sen l’onor di augusto.
 LODOVICO
 (Certa è la sua perfidia).
 ENGELBERTA
375Sposo, signor, pur mi ti rende amore.
 Pur d’un lungo languir... Ma qual mi accogli?
 LODOVICO
 (L’infedel! Ma si finga). Addio, Engelberta.
 ENGELBERTA
 Addio Engelberta? Ov’è di sposa il nome?
 Ove le tenerezze?
380Ove il piacer di rivedermi?
 LODOVICO
                                                    (Ingrata). (Verso ad Ernesto)
 ENGELBERTA
 L’onor de’ primi sguardi
 abbia Ernesto; ei n’è degno. Io non mi offendo.
 LODOVICO
 (Lode che più l’accusa).
 ENGELBERTA
 Ma ch’io turbato in lor miri il tuo core,
385se non è mio sospetto, è mio dolore.
 ERNESTO
 (Frena l’ira, o signor). (Piano a Lodovico)
 LODOVICO
                                            Parti, mio fido.
 ERNESTO
 (Palpita l’alma mia). (Si parte)
 ENGELBERTA
 (Ti sento, o gelosia. Tornò ma infido).
 
 SCENA III
 
 LODOVICO ed ENGELBERTA
 
 LODOVICO
 (Cauto ascondo lo sdegno).
 ENGELBERTA
390Sposo, siam soli. In libertà poss’io
 d’una ria lontananza a te, mio bene,
 vantar le acerbe pene?
 LODOVICO
 Han le pene amorose in cor di donna
 così lungo soggiorno?
 ENGELBERTA
395Sì, s’ella è moglie e moglie augusta.
 LODOVICO
                                                                  Il soglio
 non fa un’alma fedel.
 ENGELBERTA
                                         La fa il dovere.
 LODOVICO
 Sensi di gran virtù. (Con ironia)
 ENGELBERTA
                                       Son di Engelberta,
 di Engelberta che pianse,
 te lontan, le sue gioie.
 LODOVICO
400So, me lontan, quanto penasti amante.
 ENGELBERTA
 Miei furo i tuoi disagi,
 le fatiche, i perigli ed or son miei
 tutti i trionfi tuoi.
 LODOVICO
                                    Fida consorte!
 ENGELBERTA
 Fede ugual fosse in te; ma quel sembiante
405d’incostanza ti accusa.
 LODOVICO
 (Scaltro pensier). Quai furo
 gli uffici tuoi, sinch’io pugnai fra l’armi?
 ENGELBERTA
 (Qual favellar!) Dopo il mio amor, le cure
 pubbliche dell’impero e il fido Ernesto...
 LODOVICO
410Ernesto?
 ENGELBERTA
                    Ei del tuo scettro
 degno sostenne ognor le veci. Ernesto....
 LODOVICO
 Taci; sulle tue labbra
 è reità il suo nome.
 ENGELBERTA
 (Seppe il suo ardir).
 LODOVICO
                                        L’indegna fiamma e il vile
415disio mi è noto e già la pena è pronta.
 ENGELBERTA
 (Il seppe). Un cieco error talvolta al grado
 del reo si dona.
 LODOVICO
                               Anzi si accresce al reo
 col suo grado la colpa.
 ENGELBERTA
 Colpa, che fu segreta, è assai men grave.
 LODOVICO
420È pubblico l’error, se offende un soglio.
 ENGELBERTA
 Ma chi l’accusa?
 LODOVICO
                                 Il testimon di un foglio.
 ENGELBERTA
 (Tutto è palese). Al cieco ardir si oppose
 una salda costanza.
 LODOVICO
 Fasto d’altrui virtude.
 ENGELBERTA
425Pentimento sincero assolve i falli.
 LODOVICO
 Il non poter fallir non è un pentirsi.
 ENGELBERTA
 Spera pietade un cor che a te fu caro.
 LODOVICO
 Perché caro mi fu, più reo lo trovo.
 ENGELBERTA
 Alfine ei non peccò.
 LODOVICO
                                       Peccar volea.
 ENGELBERTA
430E un desio punirai?
 LODOVICO
                                       Ne’ grandi eccessi
 è dovuta la pena anche all’idea.
 ENGELBERTA
 (Cieco Ernesto!)
 LODOVICO
                                 (Empia donna!)
 ENGELBERTA
                                                                 Ah! Lodovico,
 vinca la tua pietà.
 LODOVICO
                                   Senti, Engelberta,
 (simuliamo la colpa,
435per maturar la pena) i voti miei
 pubblicare il destin di chi mi offese
 incerti ancor non sanno.
 Per ora io non l’assolvo e nol condanno.
 ENGELBERTA
 Ma intanto all’amor mio,
440alla mia fé nulla rispondi?
 LODOVICO
                                                  (Indegna,
 si confessa infedele e vanta fede?)
 ENGELBERTA
 Taci ancora? Ah! Tu riedi
 con altre fiamme in seno.
 LODOVICO
                                                 (Odi l’iniqua,
 mi tradisce, lo afferma e pur mi accusa).
 ENGELBERTA
445Va’. Sdegnoso ti fingi e sotto l’ira
 l’incostanza nascondi, anima ingrata.
 Già mi è noto il tuo core.
 LODOVICO
                                                (O scellerata!)
 ENGELBERTA
 
    Io sospiro e non mi ascolti;
 io ti miro e non mi guardi;
450ma t’intendo, ancor tacendo;
 un infedel tu sei, tu più non m’ami.
 
    Più per me, crudel, non ardi.
 I miei nodi hai già disciolti.
 Altra fiamma hai nel seno, altri legami.
 
 SCENA IV
 
 LODOVICO e poi BONOSO
 
 LODOVICO
455Va’ del tuo fallo altera, iniqua donna,
 non impunita. Al duce
 si ascondan l’onte mie.
 BONOSO
                                            Signor, perdona
 se un tenero dolor chiama in soccorso
 la tua pietà.
 LODOVICO
                         Che sì ti affligge?
 BONOSO
                                                           Arrigo
460da’ cenni di Engelberta
 già ottenne di Metilde
 e la destra e la fé.
 LODOVICO
                                   Ne ottenne il core?
 BONOSO
 Nol so.
 LODOVICO
                Non si disperi.
 BONOSO
 Per farmi sventurato, altro non manca
465che il tuo assenso sovran.
 LODOVICO
                                                Regge Engelberta
 il suo destin. Pur rasserena il ciglio;
 ed in tuo pro quanto mi lice attendi.
 BONOSO
 Se ho da te un sì gran ben, vita mi rendi.
 LODOVICO
 
    Non ti vo’, no, senza speme,
470sin che hai merto di sperar,
 sin che hai brama di goder.
 
    Ben sovente amor che teme
 si fa autor del suo penar
 e tradisce il suo piacer.
 
 SCENA V
 
 BONOSO, poi METILDE ed ARRIGO
 
 BONOSO
475Qual vi lusinga, o sensi,
 vana promessa? Al grado,
 onde Arrigo si vanta,
 ceder conviene. Andiamo.
 Senza veder Metilde? O dio! Non posso.
480A lei portar, prender da lei degg’io
 l’ultimo mio sospir, l’ultimo addio.
 METILDE
 Bonoso. (È fermato da Metilde)
 ARRIGO
                   Ecco l’audace.
 BONOSO
 (Moro di duol). Mia principessa, io parto.
 METILDE
 Or che giunge Metilde?
 ARRIGO
485Parla egli pur.
 METILDE
                             Forse il mio volto, parla,
 di Bonoso alle luci oggi è molesto?
 ARRIGO
 Il duce è mio rival. (A Metilde)
 METILDE
                                      Che importa questo? (Ad Arrigo)
 BONOSO
 Metilde, un de’ tuoi sguardi è la mia sorte.
 Segui; di che paventi?
 ARRIGO
490(E il soffro?)
 BONOSO
                           Bella, addio.
 METILDE
                                                    No, qui trattienti. (Di nuovo lo ferma)
 Ov’è quel cor che fido
 tante fiate giurasti?
 BONOSO
                                       In questo seno;
 e perderti non sa senza morire.
 ARRIGO
 Questo è troppo favor, quel troppo ardire. (A Metilde e poi a Bonoso)
 BONOSO
495Arrigo...
 METILDE
                   Eh taci. (A Bonoso)
                                    Ascolta, io son la rea. (Ad Arrigo)
 La sua speme, il suo amor mia colpa fassi;
 né l’avresti rival, s’io non l’amassi.
 BONOSO
 Per me parlò Metilde; a lei rispondi.
 ARRIGO
 Sì orgoglioso ad un re?
 BONOSO
                                            Questo è il sol nome
500di cui lice vantarti
 sovra di me.
 ARRIGO
                          Taci, superbo, e parti.
 METILDE
 Cessin le gare e l’ira; e la presenza
 di vergine real meglio rispetta.
 ARRIGO
 Ceda le audaci brame.
 BONOSO
505Le condanni Metilde e qui le cedo.
 ARRIGO
 Offrile un regno e l’ama.
 BONOSO
 Non fa la sorte il merto. In minor grado
 pure aspiro al suo amor.
 ARRIGO
                                               Non ne sei degno.
 BONOSO
 Io degno non ne son? Bella, perdona;
510e ad un cimento in campo
 qui t’invito con l’armi e là ti aspetto.
 ARRIGO
 Vieni re qual io sono e allor ti accetto.
 
 SCENA VI
 
 BONOSO e METILDE
 
 BONOSO
 Meco, o bella Metilde,
 men pietosa ti bramo
515e men... Dir lo potrò? Sì, meno amante.
 METILDE
 Qual tiranno pensier? Dir puoi d’amarmi?
 E volermi infedel? Bramarmi ingrata?
 BONOSO
 Mio rossor, mio tormento è la tua fede,
 perché ti ruba al soglio. Ah! Credi, o cara,
520che non senza dolor questa ti lascio
 libertà dispietata
 de’ tuoi soavi affetti.
 Sì, cessa pur d’amarmi e se fia d’uopo
 odiami ancor. Perdono
525agli odi tuoi, se vai con essi al trono.
 METILDE
 Fido m’ami il tuo cor, questo è il mio regno.
 BONOSO
 Taci; la mia virtù tanto non chiede.
 METILDE
 Che dirà il tuo rivale?
 BONOSO
 Egli di me trionfa,
530perché più fortunato.
 Io trionfo di lui, perché più forte.
 METILDE
 A chi mi lasci?
 BONOSO
                              Al tuo real destino.
 METILDE
 Né più curi il mio affetto?
 BONOSO
 Più il tuo ben che il tuo amor cercar degg’io.
 METILDE
535Almen...
 BONOSO
                   Non più, cara Metilde, addio.
 
    Luci belle, io vo’ lasciarvi,
 per aver maggior costanza
 di pregarvi a non mi amar.
 
    Che s’io resto a vagheggiarvi,
540s’innamora la speranza
 e ritorna a sospirar.
 
 SCENA VII
 
 METILDE
 
 METILDE
 Parte da me il mio bene e mi dimanda,
 perché felice io regni,
 in premio di sua fede un tradimento.
545Ma non fia vero; ovunque ei volga il passo,
 seguirallo il mio cor. Saremo entrambi
 duoi prodigi, io di fede, ei di valore,
 duoi esempi, ei di zelo ed io di amore.
 
    Amar voglio più di un soglio
550la beltà che m’innamora.
 
    Mio dovere e mio piacere
 sia in mercede
 render fede a chi mi adora.
 
 SCENA VIII
 
 ENGELBERTA ed OTTONE
 
 ENGELBERTA
 Qui, Otton, qui l’infedel di un solo sguardo
555non degnò consolarmi.
 OTTONE
 L’egro ch’ama il suo mal, pietà non merta.
 ENGELBERTA
 Sposa non mi chiamò. Que’ dolci accenti,
 onde solea bearmi,
 non uscir dal suo labbro e in lui trovai
560Lodovico bensì ma non l’amante.
 OTTONE
 Ad un’alma incostante
 mirar quel che tradì, già caro oggetto,
 fa rimorso e dispetto.
 ENGELBERTA
 Chi mai detto mi avria, cesare ingrato,
565ch’io dovessi penar con più di senso
 nello stesso piacer del rivederti?
 OTTONE
 Se ricusi il rimedio, a che dolerti?
 ENGELBERTA
 Dacché m’odia il crudel, qual più mi resta
 speranza di conforto?
 OTTONE
570Ch’egli torni ad amarti e vegga il torto.
 ENGELBERTA
 Come il voto compir?
 OTTONE
                                          Sta in tuo potere.
 ENGELBERTA
 E non m’inganni, Otton? Puote una stilla
 spegner nel mio signor gl’impuri affetti?
 OTTONE
 E renderlo fedele a’ tuoi desiri.
 ENGELBERTA
575Oimè!
 OTTONE
                Di che sospiri?
 ENGELBERTA
 Duolmi che deggia l’arte
 rendermi un ben ch’io meritai con fede.
 OTTONE
 Sempre il merto non ha la sua mercede.
 ENGELBERTA
 Dove serbi il liquor?
 OTTONE
                                        Lo avrai fra poco
580nelle tue stanze!
 ENGELBERTA
                                 Oh! L’uso a me ne giovi.
 OTTONE
 E gioverà. Pentito ed amoroso
 vedrai solo a’ tuoi lumi arder lo sposo.
 
 SCENA IX
 
 ENGELBERTA
 
 ENGELBERTA
 Amor, se questa è colpa,
 tu, che la inspiri a me, tu la difendi.
585È pena troppo ria
 ad un’alma fedel la gelosia.
 
    Allor che geme e piange
 la bella tortorella,
 nel suo dolor si vede
590il suo tradito amor.
 
    E quando cerca e chiama
 chi fugge e più non l’ama,
 insegna la sua fede
 al caro traditor.
 
 Il fine dell’atto secondo